Sala Colosso

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I visitatori vengono accolti nella Sala del Colosso della Galleria, uno spazio che è stato completamente ridisegnato nel dicembre 2013.

I primi passi del visitatore nel percorso espositivo del museo avvengono all'interno della Sala del Colosso, un'ampia sala il cui fulcro è lo splendido bozzetto in terracotta del Giambologna raffigurante il Ratto delle Sabine. Questa sala contiene anche una collezione di dipinti fiorentini del XV e dell'inizio del XVI secolo. Per migliorare l'approccio alla visione di queste opere è stata aggiunta una piccola sala di nuova creazione, accessibile dalla Sala del Colosso, dedicata solo al XV secolo. In questo spazio sarà possibile ammirare capolavori come la Tebaide di Paolo Uccello e il Cassone Adimari di Scheggia (fratello di Masaccio).

Questa sala ha ricevuto il suo nome nell'Ottocento quando esponeva il calco in gesso di una statua antica, in particolare quella dei Dioscuri di Montecavallo (Castore e Polluce), che non è più esposta nella Galleria.

Attualmente, al centro della sala è esposto il modello in gesso della magnifica scultura in marmo del Giambologna, "Ratto delle Sabine", realizzata intorno al 1580.

Il Giambologna realizzò questo modello per mostrare il suo virtuosismo, segnando il primo caso di un trio di figure ben affiatate scolpite da un unico grande blocco di marmo, offrendo all'osservatore diverse prospettive. L'opera originale, terminata nel 1582, si trova sotto la Loggia dei Lanzi in Piazza della Signoria.

Sulla stessa parete dell'ingresso

Intorno all'intonaco del Giambologna si trova un assortimento di opere d'arte religiosa di eccezionale valore, datate tra il XV e l'inizio del XVI secolo. L'abbondanza di tavole di piccolo formato che ornano la parete catturerà sicuramente l'attenzione. Questa singola parete presenta opere di artisti famosi come Paolo Uccello, Perugino, Filippino Lippi, Domenico Ghirlandaio e Botticelli.

A prima vista, l'enorme volume può sembrare opprimente, quindi vi consigliamo di sedervi accanto all'intonaco del Giambologna. In questo modo, potrete apprezzare comodamente questa ricca collezione di arte rinascimentale e cercare due dei pezzi più significativi sulla parete prima di continuare la vostra esplorazione dell'Accademia.

In primo piano c'è il pezzo centrale: il pannello frontale rettangolare di un cassone noto come Cassone Adimari.

Questo pannello appartiene a un cassone nuziale associato alla famiglia Adimari e illustra la quintessenza del matrimonio rinascimentale fiorentino. L'opera mostra strade medievali, monumenti di rilievo (con il Battistero posizionato sulla sinistra) e squisiti abiti di broccato che riflettono le tradizioni e l'opulenza delle famiglie nobili di Firenze negli anni Cinquanta del Quattrocento.

Sulla stessa parete dell'ingresso
La parete sinistra

La parete sinistra

A sinistra dello scrigno si trova il secondo capolavoro, un piccolo pannello attribuito a Botticelli noto come La Madonna del mare. Il suo nome deriva dal tenue paesaggio marino visibile sullo sfondo, mentre il suo fascino risiede nei dettagli dorati e nei simboli che caratterizzano le due figure. Il melograno che Gesù Bambino tiene in mano simboleggia la passione di Cristo. Inoltre, la stella, nota come "Stella Maris", scintilla contro la veste blu scuro di Maria, collegando ulteriormente l'opera al mare. Nel Medioevo si pensava che il nome "Maria" fosse associato al mare, poiché la parola italiana per mare è mare. Così, la Stella Maris (stella del mare) funge da rappresentazione di Maria, ispirandosi alle antiche interpretazioni del nome ebraico "Myriam" (Maria) e creando un collegamento con l'oceano.

Oggi, nell'ala sinistra della Sala del Colosso sono esposte sei pale d'altare del XV secolo, disposte in sequenza cronologica per illustrare l'evoluzione della scuola fiorentina. La collezione inizia con una tavola quadrata realizzata da Andrea di Giusto nel 1437 e culmina con la maturità artistica del celebre Domenico Ghirlandaio a conclusione della serie.

Il cuore della composizione è la significativa opera Trinità di Alesso Baldovinetti, realizzata nel 1470 e originariamente destinata alla chiesa di Santa Trinita a Firenze. Dietro un tessuto elegantemente drappeggiato e ornato di perle, si svela il mistero della Trinità, composto da Dio Padre, Cristo e lo Spirito Santo, sorretto da angeli. Cristo è raffigurato sulla croce, sostenuto da Dio Padre, mentre una colomba bianca posizionata tra le loro teste rappresenta lo Spirito Santo. Intorno a queste tre figure c'è un vivace gruppo di angeli cherubini, tutti incorniciati in una mandorla. Sotto la croce si trova un teschio, un simbolo religioso comune che rappresenta la redenzione umana. Attraverso il sacrificio di Cristo, il suo sangue raggiunge il cranio di Adamo, simboleggiando l'opportunità per tutti i suoi discendenti di essere liberati dal peccato originale.

Sul lato destro della Trinità, la celebre Pala del Trebbio di Botticelli raffigura una Sacra Conversazione. La Vergine Maria e il bambino sono magnificamente illustrati all'interno di un grande spazio, accompagnati da sei santi di varie epoche. Questa tavola proviene dalla Villa Medicea del Trebbio e fu probabilmente commissionata da Lorenzo di Pierfrancesco Medici. Il mecenatismo della famiglia Medici è testimoniato inequivocabilmente dall'inclusione dei loro santi protettori, S. Cosma e S. Damiano, adornati con lunghe ed eleganti vesti color porpora.

All'estremità della parete sinistra si trova la dignitosa opera di Domenico Ghirlandaio con Santo Stefano, affiancato da San Giacomo e San Pietro (1493). L'imponenza delle tre figure scultoree, che si ergono drammaticamente dalle nicchie monumentali dipinte sullo sfondo, mostra chiaramente il tocco del grande Maestro. Quando Michelangelo aveva solo 14 anni, Ghirlandaio lo invitò per un breve periodo nella sua bottega. Questo legame si rivelò essenziale per Michelangelo durante tutto il suo percorso artistico, influenzando i suoi dipinti su tavola e gli affreschi, in particolare durante gli anni dedicati alla Cappella Sistina (1504-08).

La parete destra

La parete destra

Questa nuova sala offre ai visitatori l'opportunità di apprezzare tre ampie pale d'altare disposte elegantemente intorno al modello in gesso del Giambologna. Dal dicembre 2013, il lato destro di questo spazio ospita la magnifica tavola del Perugino che illustra l'Assunzione della Vergine (1500), accompagnata dalla Resurrezione di Raffaellino del Garbo e dalla Deposizione di Filippino Lippi (1504-08).

La tavola centrale, che è tra le opere più notevoli di Pietro Perugino, fu commissionata nel 1500 dai monaci dell'Abbazia di Vallombrosa per l'altare maggiore della chiesa. Sul livello più basso è chiaramente indicata la firma "PETRVS PERVGINVS PINXIT A.D. MCCCCC" Il tema principale raffigura l'Assunzione della Vergine Maria, circondata da una schiera di angeli che cantano e suonano vari strumenti, tra cui arpe, violini e chitarre, il tutto sullo sfondo di morbidi drappeggi colorati. Sotto questa raffigurazione principale, il Perugino ha ritratto quattro santi associati alla devozione dei monaci camaldolesi. In particolare, all'estrema destra, si può notare l'elegante San Michele Arcangelo, adornato con un'armatura opulenta e scintillante. Esaminando attentamente il pannello dal basso, si notano i contorni delle lunghe travi di legno che sostengono il grande pannello ligneo. Il dipinto è stato incorniciato all'interno di un'intricata struttura che comprendeva una predella e due ritratti dei monaci di Vallombrosa; l'assemblaggio finale è stato completato nel dicembre 2013.

A sinistra dell'Assunta, il dolce fascino dei nastri rosa della Deposizione di Filippino cattura la vostra attenzione. Questa tavola, inizialmente iniziata da Filippino Lippi nel 1504 e poi terminata dal Perugino dopo la sua scomparsa, era originariamente esposta nella chiesa della Santissima Annunziata a Firenze. Il Perugino fu responsabile del completamento dell'intera sezione inferiore del dipinto entro il 1507. Le differenze stilistiche tra i due livelli creano un netto senso di separazione. La sezione superiore mostra la caratteristica esplorazione di Filippino del movimento, con numerose figure in equilibrio precario intorno alla croce, accompagnate da inconfondibili nastri svolazzanti.

Il dettaglio degli interventi

Il dettaglio degli interventi

Se non ci fosse stata la chiusura temporanea e la successiva ricollocazione delle opere, non sarebbe stato possibile effettuare una revisione approfondita dell'ambiente e documentare lo stato conservativo dei pezzi. Il museo ha anche approfittato di questo periodo per programmare interventi specifici di manutenzione e restauro conservativo, laddove necessario. Questi ultimi, infatti, dovevano essere eseguiti da restauratori esperti che lavoravano nell'ambito di un piano d'azione di manutenzione elaborato e coordinato da Eleonora Pucci, direttore restauratore della Galleria dell'Accademia. Tre opere dovevano rimanere per le loro dimensioni e la loro fragilità: il gruppo scultoreo del Ratto delle Sabine, la grande pala d'altare dell'Assunzione della Vergine di Pietro Perugino e la Disputa dei Padri della Chiesa sull'Immacolata Concezione di Giovanni Antonio Sogliani, che sono state protette da strutture progettate ad hoc. Tutte le altre opere sono state messe in sicurezza e spostate nelle aree in cui vengono allestite le mostre temporanee, ma in modo tale che le persone potessero continuare a vederle. In questo modo, nonostante la chiusura, non è stato impedito l'accesso alle opere d'arte.

Oltre agli interventi di spolveratura, alcuni pannelli di pregio, noti per il loro fragile stato di conservazione e per le dimensioni ridotte, sono stati protetti con un vetro espositivo impercettibile all'occhio. Questo vetro tiene efficacemente lontani gli agenti climatici esterni dall'opera d'arte, rischiando così di non alterare la superficie pittorica e di danneggiare il supporto. Tra le opere in restauro, l'attenzione è esplicitamente rivolta alla Resurrezione di Cristo di Raffaellino del Garbo con grande cornice lignea, recentemente tornata in possesso del museo e alla tempera su tavola di Giovan Francesco da Rimini raffigurante San Vincenzo Ferrer

Anche le cornici dorate sono state oggetto di grande attenzione, e tre in particolare sono state sottoposte a restauro dopo un'adeguata valutazione del loro stato di conservazione e delle relative problematiche. Si tratta della cornice della Madonna del Mare di Sandro Botticelli, della cornice del tondo della Madonna con Bambino e San Giuseppe e San Giovanni di Franciabigio e di quella che completa l'Adorazione del Bambino con due angeli e San Giuseppe di Lorenzo di Credi. Gli interventi di restauro, mirati alle esigenze conservative, hanno riguardato la pulitura per uniformare l'aspetto della superficie, il consolidamento della pellicola dorata e degli elementi calcografici, piccole riparazioni dell'intonaco e l'integrazione della foglia d'oro, laddove erano richieste tecniche legate alla doratura originale, secondo le linee guida della Direzione del Museo.

Per quanto riguarda gli interventi strutturali, diretti dall'architetto Claudia Gerola, il progetto è iniziato con il restauro e il rinforzo delle capriate lignee della sala. In questa fase sono state apportate modifiche e sostituzioni agli impianti esistenti, in particolare agli impianti antintrusione specializzati nella rilevazione degli incendi, agli impianti elettrici e meccanici e all'unità di trattamento dell'aria UTA. È stata inoltre effettuata la rimozione degli accumuli d'acqua che in precedenza avevano causato notevoli infiltrazioni nella sala sottostante, nonché la rimozione di due strati di intonaco mobile della volta. Dopo aver terminato le attività tecnologiche e architettoniche, sono stati eseguiti lavori di revisione dell'impianto elettrico e dei sistemi di emergenza che hanno preceduto la realizzazione di un nuovo layout. Alle pareti sono stati applicati pannelli rivestiti in tessuto e successivamente tinteggiati, con una disposizione dei lavori secondo un nuovo progetto supervisionato dal direttore Hollberg. Il nuovo sistema di illuminazione è stato installato all'interno delle pareti perimetrali e nella sezione centrale del caveau. Come nel resto del museo, è stata utilizzata la modernissima tecnologia LED per migliorare la visibilità delle opere e garantire al contempo il risparmio energetico.

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